Lady Godiva, nobildonna anglosassone vissuta nell’XI secolo, è stata la moglie di Leofrico di Coventry (Inghilterra), conte del Regno di Mercia. È celebre per la leggenda secondo cui cavalcò nuda per le strade di Coventry con lo scopo di ottenere la soppressione di un ulteriore tributo imposto da suo marito al proprio popolo.
Godiva è la versione latinizzata del nome Godgifu o Godgyfu che in inglese antico significa “regalo di Dio”. Testimonianze certe del personaggio storico di Godiva si trovano nel Liber Eliensis (un testo scritto nel XII secolo da un monaco che racconta la storia dell’abbazia di Ely), nel Flores Historiarum (un testo che raccoglie svariati aneddoti scritto nel XIII secolo dal monaco Ruggero di Wendover) e in alcuni documenti risalenti alla metà dell’IX secolo: tutti parlano di Godiva quale moglie di Leofrico (il Liber Eliensis specifica anche che ella era vedova quando Leofrico la sposò) e sottolineano che entrambi i coniugi furono benefattori di diversi monasteri.
Alla morte del marito, nel 1057, lady Godiva ha continuato a vivere nella contea fino a dopo la conquista normanna. Dal Libro di Domesday si evince, infatti, che sia stata tra i pochi anglosassoni (e unica donna) a rimanere un’importante proprietaria terriera anche dopo la conquista. Materia di dibattito tra gli studiosi è la data di morte di Godiva: secondo alcuni sarebbe avvenuta fra il 1066 e il 1086, secondo altri invece il 10 settembre 1067. Anche riguardo il luogo della sepoltura i pareri sono discordanti: alcuni esperti sostengono che si trovi nella chiesa della Benedetta Trinità a Evesham (oggi in rovina), mentre la romanziera Octavia Randolph afferma che Godiva sia stata sepolta vicino al marito, nella chiesa principale di Coventry, poiché pare che al tempo di Riccardo II d’Inghilterra lì fosse stata posta una finestra con le rappresentazioni di Leofrico e Godiva.
Ma ciò che ha mitizzato il personaggio di lady Godiva è un episodio, leggendario in quanto privo di conferme storiche, avvenuto il 10 luglio del 1040: secondo la tradizione popolare, Leofrico aveva imposto numerose tasse agli abitanti di Coventry. Pertanto, Godiva, schierandosi dalla parte del popolo oppresso, aveva più volte chiesto al marito di toglierle, senza però ottenere alcun risultato. Stufo delle sue insistenti suppliche, Leofrico disse alla moglie che l’avrebbe accontentata solo se avesse cavalcato nuda per le vie del paese. Detto fatto: lady Godiva rispose alla provocazione del marito prendendolo alla lettera. Dopo la pubblicazione di un proclama in cui si obbligava tutti gli abitanti a restare in casa con porte e finestre ben chiuse così da non vedere la contessa svestita, Godiva cavalcò a Coventry coperta soltanto dai suoi lunghissimi capelli.
Solamente il sarto del paese, Peepping Tom, disobbedì all’ordinanza e, attraverso un foro praticato nelle imposte, spiò la donna nuda. Ma quest’atto di ribellione gli si ritorse contro in quanto, dopo aver ammirato le abbaglianti grazie di Godiva, rimase cieco (secondo un’altra versione, invece, morì addirittura). Il suo nome si collega al verbo inglese to peep ovvero “sbirciare” e ancora oggi, nell’inglese colloquiale, Peepping Tom significa “guardone”. Una versione più antica della leggenda presente nella già citata Flores Historiarum di Ruggiero di Wendover racconta che Godiva attraversò il mercato di Coventry da un’estremità all’altra, in presenza della gente, scortata solo da due cavalieri.
La storia, nelle sue varianti, è ormai una leggenda appartenete al folklore inglese e non esistono testimonianze atte a dimostrare che la cavalcata sia un fatto storicamente accaduto. Alcuni studiosi hanno però osservato che, a quel tempo, i penitenti erano soliti fare una processione pubblica con indosso soltanto un indumento bianco simile a un paio di mutande per coprire le parti intime, ipotizzando quindi che Godiva abbia potuto realmente attraversare la città in veste di penitente. Secondo un’altra teoria, invece, la nudità della nobildonna potrebbe riferirsi al fatto che cavalcò per le strade senza i suoi gioielli, segno distintivo del suo alto lignaggio. I dubbi, comunque, persistono.
Forte è l’impatto che lady Godiva ha avuto sulla cultura di massa. La Processione di Godiva – una commemorazione della leggendaria cavalcata istituita il 31 maggio 1678, come componente della fiera di Coventry – è stata celebrata fino al 1826. Dopo un’interruzione, è stata ripresa dal 1848 al 1887 ed è poi continuata nel XXI secolo. Il poeta Alfred Tennyson le ha dedicato il poema Godiva da cui il librettista italiano Luigi Illica ha tratto, nel 1911, una “leggenda drammatica” musicata da Pietro Mascagni. Godiva è citata in numerose canzoni: da Don’t stop me now dei Queen a My girl degli Aerosmith, da Lady Godiva’s room dei Simply Red a Sei nel mio cuore di Roberto Vecchioni; è protagonista nel secondo episodio della settima stagione del fortunato telefilm Streghe e in film come quello del 1955 interamente a lei dedicato, appunto intitolato Lady Godiva, diretto da Arthur Lubin. A lei s’ispirano il nome e il logo di una delle più famose marche di cioccolata belga, mentre in Gran Bretagna, Canada e Usa molte facoltà universitarie di ingegneria la considerano una mascotte tanto da definirla la Santa patrona degli assistenti tecnici e Musa dell’ingegneria (anche se resta tuttora oscura la ragione di questa scelta).
Dulcis in fundo, il fascino di Lady Godiva non poteva certo lasciare indifferenti pittori e scultori, stuzziacati dall’idea di poter unire una scena cavalleresca a un nudo femminile. Molti artisti infatti hanno voluto immortalarla nelle loro opere, da Edmund Blair Leighton a Salvador Dalì. La prima raffigurazione di cui siamo a conoscenza venne commissionata dalla Contea di Coventry al pittore fiammingo Adam Van Noort nel 1586. Ma il dipinto più celebre e forse più bello resta quello realizzato da John Collier nel 1897, in cui Godiva è ritratta coperta soltanto dai suoi capelli, col capo chino in segno di imbarazzo per la sua nudità mentre è in sella a un fiero cavallo bianco bardato con suntuosi panni rossi, sullo sfondo di uno scorcio di Coventry immersa in un’atmosfera rarefatta. Nel campo della statuaria, due sono le opere degne di nota: quella in gesso – imponente e curata nei minimi dettagli – realizzata da John Thomas nel 1861 e oggi conservata al Maidstone Museum del Kent, e quella più leggiadra in bronzo che troneggia nel centro di Coventry, eseguita da William Reid Dick nel 1949.
In Italia il nome Godiva richiama il verbo “godere” e insieme all’idea della donna nuda a cavallo ha fatto sì che nell’immaginario collettivo lady Godiva fosse percepita come un personaggio dedito ai piaceri della carne, divenendo quindi un simbolo erotico. Niente di più sbagliato perché, come abbiamo visto, il gesto di Godiva non ha nulla a che vedere con la sessualità. Esso rappresenta la coraggiosa risposta di una donna ad un’umiliante provocazione maschile, l’atto d’amore di una nobile latifondista verso il proprio popolo oppresso dalle tasse. Non vi è traccia di volgarità nella sua pudica e composta nudità. Lady Godiva è il manifesto di una donna con un grande senso del dovere e una salda morale ma allo stesso tempo libera, forte e indipendente, capace di imporsi e prendere decisioni alla pari di un uomo in tutti i settori della vita pubblica e privata.