Uno dei soggetti più ricorrenti nella Storia dell’Arte è quello delle tre Grazie, ovvero le dee della gioia e della bellezza. Denominate Cariti dai greci, le Grazie erano, secondo la versione più accreditata, le figlie di Zeus e di Eurinome (figlia di Oceano). I loro nomi ce li rivela Esiodo nella Teogonia: Aglaia (l’ornamento, lo splendore), Eufrosine (la gioia) e Talia (l’abbondanza). Esse danzavano, presiedevano ai banchetti e solitamente accompagnavano Afrodite, Eros e le Muse. I loro principali attributi sono la mela, la rosa e il mirto.
Risalgono all’epoca ellenistica le prime opere raffiguranti le tre Grazie, di cui però a noi sono giunte solo delle copie romane. Comunque sia, le rappresentazioni di epoca romana (affreschi, mosaici, bassorilievi) si rifanno all’iconografia greca, nella quale le tre fanciulle sono nude e abbracciate, disposte una accanto all’altra, con quella centrale volta di spalle e le altre due rivolte verso lo spettatore. La posizione da loro assunta è detta “chiasmo” (tecnica scultorea nata nella Grecia classica): il bacino è inclinato a causa del peso poggiato su una gamba che viene bilanciata da un’opposta inclinazione delle spalle.
Con l’avvento del Medioevo e l’affermazione del Cristianesimo, le tre Grazie, essendo un soggetto pagano, vengono bandite. Bisogna attendere l’arrivo del Rinascimento per vederle ritornare in auge. Sandro Botticelli le raffigura nella sua celeberrima Primavera coperte da vesti sottili e trasparenti, scostandosi quindi, seppur di poco, dall’iconografia classica. Altri pittori come Raffaello e Francesco Del Cossa, invece, preferiscono riprendere fedelmente il modello antico.
Nel Cinquecento, col Manierismo, le tre figure si liberano nello spazio, in alcuni casi si allungano leggermente e, abbandonando l’equilibrio classico, assumono posizioni più disinvolte, come si evince da un affresco del Correggio e da un disegno del Pontormo. In quello stesso periodo, in Germania, Lucas Cranach il Vecchio dipinge tre diverse versioni delle Grazie in cui esse appaiono in una posizione nuova: quella a sinistra è di schiena, quella al centro è di fronte e quella a destra è di profilo.
Nel Seicento il tema delle Grazie finisce nuovamente nel dimenticatoio. La Controriforma richiede temi religiosi e il Barocco si dedica a soggetti capaci di suscitare stupore, meraviglia o orrore. Tuttavia, il pittore fiammingo Peter Paul Rubens realizza diversi dipinti con protagoniste le Grazie, raffigurandole carnose e massicce. Anche in Italia, in questo periodo, c’è qualcuno che ancora dipinge le tre dee, come ad esempio Palma il Giovane. Sono opere in cui le Grazie assumono posizioni particolarmente libere e dinamiche, appaiono addirittura sedute e con il corpo in torsione.
Con l’affermarsi del Neoclassicismo e, quindi, con la ripresa dei soggetti e dello stile dell’età greca-romana e con l’affannosa ricerca del bello ideale, le tre Grazie ritornano prepotentemente al centro dell’attenzione degli artisti. Antonio Canova, James Pradier, Bertel Thorvaldsen realizzano sculture stupende che ripropongono le pose classiche seppur con qualche piccola variazione: sia Canova che Pradier, per esempio, dispongono tutte e tre le fanciulle rivolte verso lo spettattore, senza che nessuna gli dia le spalle. Meno emozionanti delle sculture sono i dipinti neoclassici, tra cui alcuni realizzati dallo stesso Canova.
Dall’Ottocento in poi le Grazie continuano ad essere raffigurate in stili diversi e in modi sempre più originali: da Edward Burne-Jones, preraffaellita, a Koloman Moser, principale protagonista della Secessione Viennese, fino a Erté, uno dei massimi esponenti dell’Art Déco.
L’ondata delle avanguardie, nei primi anni del Novecento, rappresenterà le tre divinità sotto forme bizzarre. Nelle tele di Robert Delaunay, per esempio, il trio appare frammentato, sfaccettato, geometrizzato, tutt’uno con lo sfondo. Anche Pablo Picasso si dedicherà più volte al soggetto, attraverso linguaggi e stili diversi.
In epoca recente, ritroviamo le Grazie protagoniste in alcune opere di Salvatore Fiume, attraverso le quali l’artista siciliano rende anche omaggio ai grandi pittori del passato: Rubens, De Chirico e Picasso. Infine, tra le versioni più originali degli ultimi anni, ci sono sicuramente quelle di due scultrici: la francese Niki De Saint Phalle, che propone formose Grazie mosaicate, e l’israeliana Dorit Levinstein, che immagina le tre dee della gioia di vivere come creature filiformi e multicolori.
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