In giardino con Elizabeth von Arnim

«Il giardino è il luogo in cui mi rifugio, in cui cerco riparo; non la casa, regno del dovere e delle seccature, della servitù da esortare e ammonire, delle suppellettili e dei pasti. Là fuori, le benedizioni del cielo mi si affollano attorno a ogni passo… È in giardino che mi addoloro per la meschinità che ho dentro e per certi pensieri egoisti che sono assai peggiori di come li percepisco. È là che tutti i miei peccati e le mie scempiaggini sono perdonati; là che mi sento protetta e a casa, con i fiori e le erbacce come amici e gli alberi come amanti. Quando sono contrariata corro da loro a cercare conforto, e quando sono arrabbiata senza motivo da loro trovo assoluzione.»

Elizabeth von Arnim
Il giardino di Elizabeth
Fazi Editore, 2017
Traduzione di Sabina Terziani

Elizabeth – sposa inglese di un aristocratico prussiano – scappa dalla vita di città e si stabilisce in un ex convento di proprietà del marito, in Pomerania: un luogo isolato, carico di storia e immerso nella natura. Ad accompagnare la signora nelle sue giornate ci sono le tre figlie (la bimba di aprile, la bimba di maggio e la bimba di giugno), il borioso ma indulgente marito da lei ribattezzato l’“Uomo della collera” e le più o meno gradite ospiti Irais e Minora con le quali intrattiene conversazioni brillanti e conflittuali, in precario equilibrio fra solidarietà e rivalità femminile. Ma soprattutto c’è il giardino, un’oasi di pace di cui Elizabeth si innamora perdutamente e a cui dedica la maggior parte del suo tempo e delle sue cure. Rapita dalla tranquillità del luogo, trascorre le ore da sola con un libro in mano, immersa nel silenzio, nei colori e nei profumi, cibandosi soltanto di insalata, pane e tè consumati all’ombra dei fiori. Nel giardino e nella difficile arte del giardinaggio, Elizabeth ritrova sé stessa, i suoi spazi, i suoi ricordi e la sua libertà.

Opera prima e semi-autobiografica di Elizabeth von Arnim, Il giardino di Elizabeth esce per la prima volta nel 1898 in forma anonima, ottenendo fin da subito uno strepitoso successo. Il romanzo si struttura come un diario tenuto in prima persona da Elizabeth e racconta le vicende più significative di un intero anno. L’autrice annota innanzitutto le sue imprese e i suoi fallimenti da giardiniera appassionata ma inesperta (talvolta dilungandosi troppo a elencare i nomi delle piante con cui intende popolare il giardino). Interessanti sono le informazioni che fornisce riguardo la società tedesca di fine Ottocento così come numerose sono le riflessioni sulla condizione della donna in un’epoca fortemente segnata dalla disparità di genere. Si potrebbe storcere il naso difronte al classismo che di tanto in tanto emerge da queste pagine ma, se si ricorda di contestualizzare, il fastidio svanisce. Gustose e condivisibili sono invece le considerazioni sulle relazioni interpersonali, sulle convenzioni sociali e sulla vita in generale, espresse con un irresistibile sarcasmo e una punta di cinismo. Adorabili poi sono i moniti a diventare artefici del proprio destino, a godere dei piaceri semplici e a saper cogliere con gratitudine le piccole felicità quotidiane.
Il testo sorprende per la sua modernità e lo stile narrativo conquista per eleganza e arguzia.

È un vero piacere accompagnare – attraverso questa lettura – Elizabeth nel suo giardino, ascoltare i suoi racconti e partecipare alle conversazioni che intrattiene con le persone che la circondano. Giunti all’ultima pagina, ci si congede da lei con il desiderio di tornare presto a trovarla.

Valeria Auricchio

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