Il Bassani dei Finzi-Contini

«Nella vita, se uno vuol capire, capire veramente come stanno le cose di questo mondo, deve morire almeno una volta. E allora, dato che la legge è questa, meglio morire da giovani, quando uno ha ancora tanto tempo davanti a sé per tirarsi su e risuscitare… Capire da vecchi è brutto, molto più brutto. Come si fa? Non c’è tempo per ricominciare da zero.»

Giorgio Bassani
Il giardino dei Finzi-Contini
Einaudi, 2005

Pubblicato nel 1962 da Einaudi, Il giardino dei Finzi-Contini è il romanzo più celebre di Giorgio Bassani ed è oggi considerato un classico della letteratura italiana del Novecento. Da quest’opera è stato tratto un film, dall’omonimo titolo, diretto da Vittorio De Sica nel 1970. Bassani inizialmente collaborò alla stesura dei dialoghi e della sceneggiatura del film ma in seguito, entrato in contrasto con il regista, chiese e ottenne che il suo nome venisse tolto dai titoli di coda. La pellicola, accolta positivamente dal pubblico e dalla critica, fece incetta di premi (tra cui l’Oscar, nel 1972, come miglior film straniero) e contribuì indubbiamente ad accrescere la fama del libro.

Il romanzo racconta le vicende dei Finzi-Contini, famiglia altoborghese di religione ebraica. È ambientato a Ferrara, ai tempi del fascismo e della promulgazione delle leggi razziali e trae ispirazione dalla vera storia di Silvio Magrini – presidente della comunità ebraica ferrarese dal 1930 – e della sua famiglia. Le vicende sono raccontate in prima persona da un anonimo narratore interno (per molti aspetti simile allo stesso Bassani, con cui si tende a identificarlo): egli rievoca gli anni della giovinezza trascorsa nella città estense, quando frequentava assiduamente i Finzi-Contini. I suoi ricordi percorrono un arco temporale che va dal 1929 al 1939.

Appartenente anch’egli alla comunità ebraica e figlio della media borghesia ferrarese, il protagonista-narratore inizia a frequentare, quand’è ancora studente, la ricchissima famiglia dei Finzi-Contini che vive in una grande villa con un immenso giardino e un campo da tennis, circondata da mura e cancelli. In seguito all’emanazione delle leggi razziali e al conseguente allontanamento degli ebrei dal circolo del tennis cittadino, Alberto e sua sorella Micòl Finzi-Contini, rampolli della famiglia e coetanei del protagonista, invitano gli amici a giocare a tennis nel loro campo privato, creando così una sorta di circolo alternativo. Fra gli invitati figurano il protagonista e Giampiero Malnate, un chimico milanese che ha una forte personalità ed è un fervido comunista (tra i due si accendono talvolta violente discussioni in materia politica). Si forma così un ristretto gruppo di giovani, quasi tutti israeliti, che ogni pomeriggio si ritrova nel giardino dei Finzi-Contini a chiacchierare e a disputare partite di tennis. Il protagonista e Micòl spesso si allontanano dagli altri per fare insieme lunghe passeggiate in bicicletta e a piedi nel vasto parco della villa; presto il giovane s’innamora perdutamente della ragazza la quale, però, lo respinge. Di lì a poco, gli eventi precipitano in un tragico epilogo preannunciato dal prologo: scoppia la seconda guerra mondiale, Alberto muore nel 1942 a causa di un linfogranuloma maligno mentre, l’anno seguente, i restanti Finzi-Contini – Micòl, i suoi genitori e l’anziana nonna – vengono deportati nei lager tedeschi.

Il testo è pervaso da un forte senso di malinconia e di perdita. La prosa di Bassani è raffinata seppur forse un po’ ridondante; il linguaggio è ricercato, arricchito di espressioni dialettali, frasi in lingua inglese e francese e termini ebraici. Nonostante le numerose digressioni e le dettagliate descrizioni, la lettura procede abbastanza spedita grazie alla brevità dei capitoli e all’interesse che la storia in sé riesce a suscitare. I personaggi sono caratterizzati con perizia e su tutti spicca Micòl: celata dietro una parvenza civettuola e cinica, si rivelerà essere la sola ad avere una piena consapevolezza della tragedia che incombe sull’Italia e sugli ebrei, presaga del futuro nefasto che l’attende.

«Micòl ripeteva di continuo anche a Malnate che a lei, del suo futuro democratico e sociale, non gliene importava nulla, che lei il futuro, in sé, lo abborriva, ad esso preferendo di gran lunga “le vierge, le vivace et le bel aujourd’hui”, e il passato, ancor di più, il caro, il dolce, il pio passato.»

La politica, la letteratura, l’arte sono gli argomenti principali dei dialoghi tra i protagonisti. Lo sconfinato giardino della magna domus appare come una sorta di Eden, rifugio sicuro contro le insidie di un’epoca crudele. Di Ferrara, teatro degli eventi, l’autore fornisce un ritratto vivido. Sullo sfondo, la Storia – l’ombra nera del nazifascismo, l’infamia delle leggi razziali, i prodromi della guerra – che predomina e travolge le storie private.

Il giardino dei Finzi-Contini è un romanzo che parla di amicizia, di amore non corrisposto, di speranze disilluse. Un monologo della memoria che racconta con eleganza una storia triste e commovente.

Valeria Auricchio

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