Nella Firenze del Rinascimento, alla corte medicea, ha brillato, per il brevissimo tempo che la vita gli ha concesso, l’astro di Giuliano de’ Medici, fratello minore di Lorenzo detto il Magnifico. Colto, elegante, allegro, Giuliano – la cui avvenenza ha affascinato popolani, artisti e letterati della sua epoca – è rimasto nella storia non solo per essere stato la vittima innocente di un odio feroce ma anche per aver nutrito amore per una splendida fanciulla a lui vicina. Una storia dolcissima, resa immortale da poeti e pittori, che ancora oggi emoziona e commuove gli animi più sensibili.
Il principe della giovinezza.
Quartogenito di Piero il Gottoso e di Lucrezia Tornabuoni, Giuliano de’ Medici nacque a Firenze il 28 ottobre del 1453. Ebbe gli stessi maestri del fratello Lorenzo che lo educarono secondo la più raffinata cultura umanistica dell’epoca. Alla morte del padre si ritrovò, a soli quindici anni, insieme al fratello Lorenzo, a capo della Signoria di Firenze, ma data la sua scarsa vocazione al potere, non svolse mai serie attività di governo. Alto, di costituzione atletica, Giuliano aveva la pelle olivastra, occhi chiari e ondulati capelli neri. Era ammirato dalle donne per la sua arrogante bellezza e amato dal popolo fiorentino per la sua generosità e la sua spensieratezza che gli valsero il titolo di “principe della giovinezza”.
Abile giocatore di scacchi, cacciatore e pescatore dotato, Giuliano era anche un amante della campagna, dell’equitazione, del lancio del giavellotto, del salto e della lotta. Le sue principali passioni erano però la danza, la musica e la pittura. Era un ottimo oratore e si dilettava nello scrivere poesie attraverso cui dimostrava buona conoscenza dei poeti del Trecento (in particolare Dante e Petrarca) e capacità di maneggiare la mitologia. Aveva una sua biblioteca con testi classici latini tra cui una preziosa Retorica di Cicerone in legatura verde. Grandi umanisti come il Ficino e il Calderoni gli dedicarono le proprie opere.
I rapporti di Giuliano col fratello Lorenzo furono sempre ottimi: nonostante qualche screzio occasionale dovuto alla diversità dei caratteri (Giuliano era più gioviale di Lorenzo ma meno dotato intellettualmente), i due erano legati da un sincero amore fraterno e da una cieca fiducia reciproca. Pare che Giuliano nutrisse una sorta di devozione nei confronti di Lorenzo che considerava il suo mentore.
Giuliano compì il suo primo viaggio a Roma, nel 1469, dove giunse con l’incarico di scortare a Firenze Clarice Orsini, promessa sposa di Lorenzo. Seguitarono molti altri viaggi, da Genova a Milano, da Mantova a Venezia. Come ogni rampollo del suo tempo, anche Giuliano, poco meno che ventenne, si ritrovò a dover scegliere se diventare principe della Chiesa o trovare una moglie degna per ricchezza e potenza. Entrambe le strade, però, si rivelarono impraticabili: l’idea della carriera cardinalizia venne accantonata a causa dell’inimicizia politica di papa Sisto IV e di molti cardinali, mentre i numerosi maneggi matrimoniali fallirono per motivi non ancora del tutto chiari.
La giostra, Simonetta e Fioretta.
La figura di Giuliano de’ Medici è indissolubilmente legata a quella di Simonetta Cattaneo, bellissima fanciulla ligure, sua coetanea, andata in sposa a Marco Vespucci, esponente di una delle più antiche e nobili famiglie fiorentine alleate dei Medici. Non ci è dato sapere se ci fu una vera e propria relazione o se il loro fu un amore solo platonico. Simonetta, che fu musa di pittori quali Sandro Botticelli e Piero di Cosimo, era bionda e aveva gli occhi chiari, era longilinea e piena di grazia; una sorte di Venere scesa in terra da tutti riconosciuta come “la bella di Firenze”, nonostante fosse di nascita genovese. Fu lei la regina della giostra che si tenne in piazza Santa Croce a Firenze il 28 gennaio 1475, per celebrare la rinnovata lega tra fiorentini e veneziani.
L’occasione fu un evento importante per la visibilità pubblica di Giuliano che venne definitivamente consacrato al fianco del fratello come una delle personalità più influenti di Firenze. I contendenti si disputavano un ritratto di Simonetta. Giuliano ne fu il vincitore indiscusso. Quel giorno indossava un’armatura d’argento tempestata di pietre preziose e il suo profilo aquilino era incorniciato da un elmo scolpito dal Verrocchio. Cavalcava un destriero giunto appositamente dalla corte di Napoli. Sul suo stendardo, dipinto da Botticelli (purtroppo andato perduto data la deperibilità del tessuto, ovvero taffettà alessandrino), era raffigurata una donna in veste di Pallade con accanto un ceppo d’ulivo e avvinto al tronco il dio Amore. Il motto sottostante era scritto in francese antico: la Sans Par, la senza pari. Chiara era l’allusione all’incomparabile Simonetta. Angelo Poliziano, poeta favorito dei Medici, compose su quella giostra un poema in ottave: Stanze per la giostra.
L’anno dopo, il 26 aprile del 1476, Simonetta, appena ventitreenne, morì di tisi. Giuliano ebbe una crisi di disperazione. Piero Vespucci, suocero di Simonetta, in una lettera datata gennaio 1479, racconta che il giovane Medici si recò a casa loro per avere gli abiti di Simonetta, i suoi oggetti e un ritratto da loro posseduto. Giuliano chiese ai poeti della sua cerchia di scrivere versi per ricordare la donna amata e lui stesso ne scrisse (i componimenti a lui attribuiti sono oggi conservati alla Biblioteca Mediceo-Riccardiana di Firenze).
Circa sei mesi dopo la morte di Simonetta, Giuliano trovò consolazione tra le braccia di Fioretta Gorini, figlia del corazzaio Antonio Gorini, che gli diede un figlio, Giulio, nato nel 1478 (un mese dopo la morte del padre). Giulio, illegittimo, fu accolto a palazzo Medici e fu educato insieme ai cugini, figli dello zio Lorenzo. Dichiarato legittimo per matrimonio clandestino dal nipote di Giuliano, papa Leone X, Giulio divenne cardinale e, in seguito, eletto Sommo Pontefice col nome di Clemente VII.
La congiura dei Pazzi.
Giuliano de’ Medici morì nel corso della congiura dei Pazzi, il 26 aprile 1478. La cospirazione, avente lo scopo di stroncare l’egemonia dei Medici, fu ordita dalla famiglia Pazzi, banchieri fiorentini, con l’appoggio del papato e di altri regnanti, tra cui la Repubblica di Siena e il Regno di Napoli. Il piano originario prevedeva di avvelenare Lorenzo e Giuliano durante un banchetto da loro organizzato alla Villa Medici di Fiesole per festeggiare l’elezione a cardinale del giovanissimo Raffaele Riario, pronipote di papa Sisto IV. Era il sabato 25 aprile 1478. Alla festa furono invitati anche alcuni membri della famiglia Pazzi (di recente imparentata coi Medici attraverso il matrimonio di Guglielmo Pazzi con Bianca, sorella di Lorenzo e Giuliano). Jacopo de’ Pazzi e Girolamo Riario furono incaricati di versare il veleno in una delle libagioni destinate ai due fratelli. Ma l’impresa fallì a causa dell’assenza di Giuliano: un’improvvisa indisposizione lo trattenne nelle sue stanze. I congiurati, dunque, rimandarono l’esecuzione al giorno seguente, domenica 26 aprile 1478.
L’assassinio si sarebbe consumato durante il pranzo che avrebbe seguito la Messa, celebrata nella cattedrale di Santa Maria del Fiore, a cui il cardinale Riario aveva invitato tutti come ringraziamento della festa organizzata il giorno prima in suo onore. Ma Giuliano creò un nuovo contrattempo: la mattina fece sapere che, non essendosi ancora ripreso del tutto, avrebbe partecipato alla Messa ma non al pranzo. Non potendo più rimandare, i cospiratori decisero allora di uccidere i due fratelli nel duomo, durante la funzione. A quel punto, però, Giovan Battista da Montesecco, l’assassino di professione che i Pazzi avevano reclutato, si rifiutò di commettere l’omicidio in un luogo consacrato. Fu quindi sostituito da altri due membri della congiura, Stefano da Bagnone e Antonio Maffei da Volterra, entrambi presbiteri e poco esperti in fatti d’arme, designati come uccisori di Lorenzo.
Essendo Giuliano ancora indisposto, Bernardo Bandini e Francesco de’ Pazzi (designati come sui uccisori) decisero di andare a prenderlo personalmente. Durante il percorso da Palazzo Medici a Santa Maria del Fiore, i due abbracciarono Giuliano per sincerarsi che non indossasse una cotta di ferro sotto le vesti e non avesse armi nascoste. Quel giorno Giuliano non portava neppure la spada a causa di una leggere ferita che si era fatto a una gamba. Arrivarono così in chiesa a Messa già iniziata. Al momento dell’Elevazione, mentre tutti erano inginocchiati con il capo chino in preghiera, si inscenò la tragedia: il Bandini e Francesco Pazzi si avventarono su Giuliano colpendolo ripetutamente e tale era la furia omicida dei due che seguitarono a colpire il povero giovane anche quando egli era a terra, ormai esamine, in una pozza di sangue. Il fratello Lorenzo, ferito solo leggermente, riuscì a scappare ai suoi attentatori rifugiandosi nella Sagrestia.
La sepoltura e la vendetta.
Dopo le esequie, a cui prese parte l’intera Firenze vestita a lutto, Giuliano venne sepolto nella chiesa di San Lorenzo, in quella che sarà la Sagrestia Nuova di Michelangelo (dove ancora oggi si trova, accanto al fratello, sotto la michelangiolesca Madonna col Bambino). Nel 2004, nel corso di un sopralluogo nella tomba, fu ritrovato il teschio di Giuliano con il segno di un profondo taglio sul cranio.
Tremenda fu la vendetta di Lorenzo, appoggiato dal popolo fiorentino che ancor più si strinse attorno ai Medici, fortificandone il potere sulla città. I congiurati furono catturati, linciati, torturati, impiccati e i loro corpi gettati nell’Arno. Tutti i membri della famiglia Pazzi furono banditi da Firenze, si proibì che il loro nome comparisse sui documenti ufficiali e tutti gli stemmi della famiglia vennero cancellati dalla città. Il Magnifico commissionò allo scultore Bertoldo di Giovanni una medaglia commemorativa dell’uccisione del fratello con la scena del suo assassinio sotto il suo ritratto.
Giuliano morì nello stesso giorno in cui, due anni prima, si era spenta la sua adorata Simonetta. Aveva solo venticinque anni. «Muor giovane colui che al Cielo è caro» avrebbe commentato il poeta greco Menandro.
Giuliano nell’arte.
Giuliano de’ Medici è stato più volte ritratto da Sandro Botticelli. Quest’ultimo lo scelse come modello per il suo San Sebastiano; lo raffigurò poi a mezzo busto e di profilo, con atteggiamento altero e in abito scuro in un’opera di cui oggi si contano numerose copie sparse nei musei del mondo, ma l’originale è quella conservata nella Collezione Crespi Morbio di Milano.
Sempre di mano botticelliana è il ritratto più celebre di Giuliano de’ Medici di cui esistono tre versioni: una conservata a Berlino, una a Bergamo e un’altra a Washington. Giuliano è qui dipinto con le palpebre abbassate, fatto inconsueto per un ritratto, il ché ha portato gli esperti a ritenere che si tratti di un quadro realizzato post mortem e quindi commemorativo del defunto. Il ritratto di Washington è quello più ricco di particolari. È indicato da alcuni come il primo della serie e da altri, invece, come un’opera intermedia, nata per accrescimento a partire da quello di Bergamo. Il busto di Giuliano si staglia sullo sfondo di una finestra con un’anta aperta e una chiusa: tipico simbolo di passaggio dalla vita alla morte. In basso a sinistra, sulla cornice che lo isola, poggiata su un rametto secco, allusione alla morte, è una colomba, simbolo di fedeltà: fedeltà che Giuliano aveva promesso a Simonetta o fedeltà che gli giurava il committente del ritratto.
Il ritratto di Bergamo, solitamente indicato come il primo della serie per la sua forma intermedia tra la complessità di quello di Washington e la semplicità di quello di Berlino, mostra il busto di Giuliano sullo sfondo di una finestra aperta su un cielo azzurrino. Il ritratto di Berlino, indicato invece come l’ultimo della serie, mostra il busto di Giuliano su sfondo neutro e appare come un ritaglio ingrandito degli altri due.
È molto probabile che nel suo Venere e Marte, il Botticelli si sia ispirato a Giuliano morto per raffigurare Marte dormiente dopo l’amore con Venere (che ha le fattezze di Simonetta Cattaneo). L’opera, infatti, venne commissionata dalla famiglia Medici ed eseguita nel 1482-83, ovvero alcuni anni dopo la morte di Giuliano. Stesso discorso per il personaggio di Mercurio nella Primavera, dipinta nello stesso periodo.
Eleanor Fortescue-Brickdale, pittrice inglese d’ispirazione preraffaellita, nel 1922 ha realizzato un dipinto dal titolo Botticelli’s Studio o La prima visita di Simonetta presentata da Giuliano e Lorenzo de’ Medici. I personaggi raffigurati in quest’opera – tra cui sono riconoscibili Simonetta Cattaneo Vespucci, Giuliano e Lorenzo de’ Medici e Sandro Botticelli – hanno i volti ricavati da famosi dipinti d’epoca.
Nel 2007 è stato presentato per la prima volta il musical Il principe della gioventù, scritto da Riz Ortolani in collaborazione con Ugo Chiti, dedicato alla storia d’amore tra Giuliano e Fioretta Gorini e alla congiura dei Pazzi.
gratzie tante!
Grazie a te! 🙂
Se possibile vorrei conoscere il motivo di tre tavole realizzate e nessuna a Firenze il motivo di tali destinazioni. Grazie per la risposta, se possibile.
Ciao Mario!
Immagino tu ti riferisca alle tre versioni del ritratto di Giuliano attribuite al Botticelli… Purtroppo non so dirti il motivo per cui si trovino una a Berlino, una a Bergamo e un’altra a Washington. Ho provato a fare anche una ricerca, ma non ho trovato informazioni a riguardo.
Detto questo, ti ricordo che nei musei e nelle collezioni private di tutto il mondo si trovano migliaia e migliaia di opere d’arte che nel corso dei secoli hanno lasciato l’Italia attraverso mezzi legali e non. Le ragioni di quest’emigrazione sono numerose e diverse, non sempre chiare e conosciute.
Nel caso dovessi scoprire qualcosa, mi ricorderò di farti sapere 😉
Un saluto e grazie per essere passato di qui!
Ciao e complimenti per l’articolo. Volevo chiederti se dai dove sia possibile leggere i componimenti e/o lettere di Giuliano de’ Medici, ho cercato ovunque dei libri che li contenessero ma non riesco a trovarli. Grazie
Ciao! Grazie per i complimenti 🙂
Dunque, i componimenti attribuiti a Giuliano sono conservati alla Biblioteca Mediceo-Riccardiana di Firenze. Puoi trovare quelli che parlano della scomparsa di Simonetta Cattaneo Vespucci (dodici in totale) nel saggio di Rachele Farina intitolato “Simonetta. Una donna alla corte dei Medici” (edito da Bollati Boringhieri). Non so se, oltre a questo libro che ti ho citato, ne esistano altri in cui tu possa trovare le sue poesie. Sinceramente, non credo. Nel caso dovessi scoprirlo, ti farò sapere 😉
Hi Valeria,
can you, please, provide historical sources for this article?
Best regards
Radek
Hi Radek,
The main and most important source I drew on to write this article is an essay by an Italian historian: Rachele Farina, “Simonetta. Una donna alla corte dei Medici”, Bollati Boringhieri, Torino, 2001.
Best regards!
Hi Valeria,
thank you very much. I searched the internet and I do not see the book really easily accessible to me (as I’m located in Germany, speaking not Italien) but based on your information, I found this thesis by JUDITH RACHEL ALLAN that you may find useful 🙂
SIMONETTA CATTANEO VESPUCCI: BEAUTY, POLITICS, LITERATURE AND ART IN EARLY RENAISSANCE FLORENCE
https://etheses.bham.ac.uk/id/eprint/5616/3/Allan15PhD_Redacted.pdf
Best regards
Radek
Thank you very much, Radek!
I’m happy to have helped you in some way.
I wish you pleasant reading 😉
Best regards!