“Suite francese”: il canto del cigno di Irène Némirovsky

«“Ma insomma, cos’è che ti conforta allora?”
“La certezza della mia libertà interiore”, disse lui dopo aver riflettuto, “questo bene prezioso, inalterabile, che dipende solo da me perdere o conservare. Che le passioni spinte al parossismo come lo sono adesso finiscono per spegnersi. Che tutto ciò che ha un inizio avrà una fine. In poche parole, che le catastrofi passano e che bisogna cercare di non andarsene prima di loro, ecco tutto. Perciò, prima di tutto vivere: primum vivere. Giorno dopo giorno. Resistere, attendere, sperare.”»

Irène Némirovsky
Suite francese
Feltrinelli, 2014
Traduzione di Cinzia Bigliosi

Romanzo corale, ambientato in Francia al tempo dell’occupazione nazista, Suite francese è l’ultimo e incompiuto lavoro di Irène Némirovsky. Scritto proprio negli anni in cui imperversavano il secondo conflitto mondiale e la Shoah, pubblicato postumo, il romanzo segna la riscoperta della scrittrice franco-ucraina che ora, dopo mezzo secolo di dimenticanza, viene tradotta in oltre trenta lingue.

Nei progetti dell’autrice, quest’opera avrebbe dovuto somigliare a un poema sinfonico composto di cinque movimenti, ma solo le prime due parti vedono la luce perché, nel mentre, Irène Némirovsky viene arrestata per via delle sue origini ebraiche e deportata ad Auschwitz, dove muore poco dopo. Per cinquant’anni, la figlia maggiore dell’autrice, Denise Epstein, ha conservato il quaderno contenente il manoscritto senza mai sfogliarlo, pensando che si trattasse di un diario troppo doloroso da leggere… Viene pubblicato solo nel 2004.

La prima parte, intitolata Temporale di giugno, descrive il caotico esodo di alcuni parigini – individui di differenti classi sociali i cui destini si intrecciano – alla vigilia dell’arrivo, nella capitale, delle truppe tedesche. La seconda parte, invece, intitolata Dolce, racconta i primi mesi dell’occupazione nazista in un villaggio della campagna francese diviso fra un velato collaborazionismo e maldestri tentativi di resistenza. Qui, nell’apparente calma della vita campestre, nasce l’amore tra una giovane donna borghese, Lucile, e un ufficiale della Wehrmacht, Bruno von Falk.

«Erano soli – si credevano soli – nella grande casa addormentata. Non una confessione, non un bacio, il silenzio… poi conversazioni febbrili e appassionate in cui parlavano dei rispettivi paesi, delle loro famiglie, di musica, di libri… La strana felicità che provavano… quell’urgenza di svelare il proprio cuore all’altro… un’urgenza da amante che è già un dono, il primo, il dono dell’anima prima di quello del corpo. “Conoscimi, guardami. Sono così. Ecco come ho vissuto, ecco quello che mi piaceva. E tu? E tu, mio amato?” Ma fino a quel momento nessuna parola d’amore. A che pro? Sono inutili quando le voci si alterano, quando le bocche tremano, quando scendono quei lunghi silenzi…»

Scrittura musicale e personaggi indimenticabili sgorgano dalla penna implacabile di Némirovsky. In primo piano, le miserie e le virtù dell’animo umano che le vicende belliche fanno affiorare o semplicemente acutizzano; e poi l’amore – profondo, vero – che germoglia anche in seno all’arido terreno della guerra. Sullo sfondo, la Storia in una delle sue pagine più cruente.

Intenso, emozionante, commovente. Un capolavoro.

Valeria Auricchio

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