Tappa imprescindibile del mitico Grand Tour, l’antica Pompei – emersa dagli scavi archeologici a partire dal 1748 – ha ispirato numerosi artisti, in particolare vedutisti e paesaggisti, che attraverso le loro opere hanno cercato di immortalarne il fascino. Dai fratelli Hackert a Giacinto Gigante, da Filippo Palizzi ad Alceste Campriani, sono davvero tanti gli artisti che, soprattutto tra il XVIII e XIX secolo, si sono cimentati nella raffigurazione delle rovine pompeiane.

Essi, spesso, realizzavano le vedute su commissione: a richiederle erano soprattutto i viaggiatori, i grand-touristes, i quali desideravano portare a casa un ricordo dei luoghi che avevano visitato ed erano disposti a pagare bene questi lavori, questi quadri che erano, quindi, fondamentalmente dei souvenir, una sorta di corrispettivo delle moderne cartoline.

Oggi invece, per i posteri, queste opere rappresentano una testimonianza preziosa in quanto possono essere considerate come delle foto d’epoca, delle istantanee che mostrano in maniera precisa, dettagliata, come appariva allora il paesaggio. E sono anche un esempio di come talvolta l’arte si faccia ponte tra il passato e il presente.

L’artista che più di tutti ha legato il suo nome a Pompei è stato Luigi Bazzani, il quale ha dedicato ben quarant’anni della sua carriera alla rappresentazione della città sepolta dall’eruzione del Vesuvio del 79 d. C., realizzando un centinaio di opere – tra acquerelli e olii – riproducenti vedute, interni, soggetti contemporanei ma anche di una Pompei che fu.
Luigi Bazzani – soprannominato Bazzanetto per distinguerlo dal padre Alessandro, detto Bazzanone, anch’egli artista – è stato un pittore ma anche un grande scenografo. Nato a Bologna nel 1836, dopo aver completato la sua formazione viaggiando in Francia e in Germania, è ritornato in Italia ed è approdato a Roma dove è rimasto fino alla morte, sopraggiunta nel 1927. Nella Città eterna, oltre a collezionare successi professionali e a conquistare l’ammirazione del re Vittorio Emanuele II, ha avuto modo di scoprire l’antico e di appassionarsene. Questa sua nuova passione lo ha condotto inevitabilmente a Pompei.
Bazzani si è recato per la prima volta a Pompei negli anni Settanta dell’Ottocento. All’epoca, gli scavi erano ancora diretti da Giuseppe Fiorelli, grazie al quale Pompei era diventata una vera e propria città-museo (a lui si deve l’introduzione del biglietto d’ingresso), aperta a chiunque fosse interessato a visitarla e luogo d’incontro e di ricerca per archeologi, studiosi e artisti provenienti da tutto il mondo.
Le prime opere che Bazzani ha realizzato durante la sua esperienza a Pompei sono in stile neopompeiano: uno stile di pittura che si stava sviluppando proprio in quegli anni e che proponeva come soggetto scene di vita quotidiana del mondo antico romano. Tra gli esponenti più celebri di questo stile figurano Lawrence Alma-Tadema e il suo fedele seguace John William Godward, mentre il primo pittore italiano ad aderirvi è stato il napoletano Domenico Morelli.
Un dipinto in stile neopompeiano realizzato da Bazzani è quello intitolato Interno pompeiano, dove l’artista ha immaginato una scena di ordinaria quotidianità della Pompei antica in un ambiente domestico. Ciò che colpisce di quest’olio su tavola è la ricostruzione dell’ambiente che Bazzani, da buon scenografo, ha reso con realismo e dovizia di particolari.

Alla fine dell’Ottocento, Bazzani ha abbandonato i temi neopompeiani per dedicarsi al vedutismo. Le opere di questo periodo sono il frutto di uno studio e di un’osservazione attenti del sito archeologico. In queste vedute Bazzani ha documentato con meticolosità tutti gli aspetti della Pompei riaffiorata dagli scavi: case, edifici, strade, affreschi, decorazioni.

Dipinti che sembrano scatti fotografici data la precisione scientifica con cui il pittore ha riportato i particolari architettonici e paesaggistici. Attraverso un uso sapiente della luce e dei colori, il Bazzanetto ha messo in evidenza i dettagli, rendendo così i soggetti vividi, palpabili.

L’opera di Luigi Bazzani è stata a lungo dimenticata e sottovalutata sia dalla critica d’arte che dall’archeologia e solo di recente è stata riscoperta e rivalutata. Ci si è finalmente resi conto che i suoi dipinti non sono solo opere d’arte di grande valore estetico ma anche delle fonti iconografiche e, quindi, delle preziose testimonianze storiche.

Un artista straordinario, dunque, riemerso dall’oblio in cui per troppo tempo e ingiustamente è rimasto sepolto. Come quella Pompei che tanto ha amato e di cui, meglio di chiunque altro, è riuscito a catturarne l’incanto.